Com’è la situazione attuale dell’ozonosfera?

La buona notizia era arrivata giusto lo scorso 5 gennaio: il buco nell’ozono si stava finalmente riducendo, riducendo la propria dimensione del 20% rispetto al 2005. Ad appena pochi mesi dall’annuncio però, una nuova ricerca sembra già destinata a ridimensionare l’ottimismo della comunità scientifica: se ai poli infatti lo strato di ozono sembra effettivamente in crescita, a latitudini inferiori, la situazione sarebbe molto diversa e ben poco rassicurante. È l’allarme che arriva da uno studio internazionale apparso sulle pagine della rivista Atmospheric Chemistry and Physics, che ha analizzato la distribuzione dell’ozono nell’atmosfera utilizzando una innovativa tecnica satellitare.

Una misteriosa fonte di emissioni di clorofluorocarburi infatti sta provocando nuovamente danni allo strato dell’ozono. Il responsabile dell’aumento imprevisto delle emissioni di questi composti chimici non è ancora stato individuato, ma i loro sospetti si concentrerebbero in qualche parte dell’Asia orientale. I colpevoli, precisiamo, sono i clorofluorocarburi, o Cfc, sostanze chimiche industriali che avevano trovato largo impiego come propellenti per aerosol e agenti refrigeranti, fino a quando sono stati banditi dal protocollo di Montreal del 1987. Questi composti, infatti, erano stati ritenuti i principali responsabili dell’assottigliamento nello strato di ozono presente nell’atmosfera sopra l’Antartide: il cloro contenuto in questi composti è in grado di interagire con gli atomi di ossigeno delle molecole di ozono, distruggendole.

Un problema di dimensioni globali, visto che perdere l’ozono significa perdere lo schermo per le radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole, quelle che causano danni al dna.

Un fenomeno che interessa un’area piuttosto estesa compresa tra i 60 gradi di latitudine Nord e i i 60 Sud. E che sarebbe particolarmente accentuato nelle parti più basse della stratosfera, tra i 15 e i 24 chilometri di altezza. Altitudini che si situano proprio ai margini della troposfera, la fascia più bassa dell’atmosfera dove l’ozono viene prodotto come gas inquinante dalle attività umane. Le conclusioni della ricerca sono piuttosto solide. Quel che bisognerà accertare, piuttosto, sono le possibili conseguenze del fenomeno per la salute umana e la sopravvivenza degli ecosistemi terrestri. Per ora le ipotesi principali sono due: da un lato, i cambiamenti climatici degli ultimi decenni potrebbero aver modificato i pattern di circolazione atmosferica, determinando un maggiore prelievo di ozono dalle sue aree di produzione, situate grosso modo nella zona dei tropici, a beneficio delle zone polari. La seconda, forse anche più inquietante, è che esistano altre sostanze (oltre ai Cfc) in grado di danneggiare lo strato di ozono del pianeta. I candidati principali in questo caso sarebbero sostanze definite Vsls (very short-lived substances), prodotte in quantità crescente dall’attività umana e forse sottostimate dai modelli climatici attuali in quanto al loro potenziale impatto sull’ozonosfera.

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