Un obiettivo enorme e ambizioso da parte della Cina.
Il 2050 è l’anno entro il quale la Cina intende rendere operativa 24 ore al giorno una stazione spaziale per la produzione di energia solare, in orbita a 36mila chilometri dalla superficie terrestre. Per molti questa idea – che interessa a più Stati e venne anticipata già nel 1941 da un racconto di Isaac Asimov – sarà l’ultima frontiera nella produzione di energia rinnovabile. Del resto, i vantaggi sono evidenti: possibilità di operare tutto il giorno senza curarsi dell’alternanza tra la notte e le ore di luce terrestri e, al tempo stesso, irrilevanza delle condizioni meteo nell’atmosfera.
L’energia prodotta dai grandi pannelli solari della stazione spaziale verrebbe poi convertita in microonde o in laser e poi trasmessa sulla Terra. Uno dei massimi esperti del settore è il 93enne Wang Xiji, dell’Accademia Cinese delle Scienze (CAS) e membro dell’Accademia Internazionale di Astronautica, che da anni studia la fattibilità del progetto e le caratteristiche tecniche che questo dovrebbe avere. Ad esempio, affinché la stazione spaziale sia sostenibile sia da un punto di vista ambientale che economico i pannelli solari dovrebbero coprire un’area pari a circa 5-6 chilometri quadrati, sufficiente per rendere visibile di notte la centrale orbitante anche sulla Terra, come una stella.
Secondo Wang, «la costruzione di una centrale solare nello spazio sarà una pietra miliare per l’utilizzo umano delle risorse spaziali. E potrà promuovere il progresso tecnologico in materia di energia, elettricità, materiali e sistemi aerospaziali». Un modo decisamente innovativo di promuovere le energie rinnovabili e il solare, anche se a lungo termine: già oggi, chi vuole installare pannelli solari sulla propria casa o usare solo energia verde per le proprie forniture può farlo anche in Italia.
I calcoli di Duan Baoyan, membro dell’Accademia cinese di Ingegneria (CAE), indicano che i pannelli spaziali solari potrebbero generare un quantitativo di energia in grado di superare, per unità di superficie, dieci volte l’elettricità dei pannelli sulla Terra. «Se diamo spazio alla tecnologia solare, potremmo anche risolvere la crisi energetica sulla Terra», ha concluso Baoyan. La centrale potrebbe essere redditizia quando l’efficienza della potenza di trasmissione wireless raggiungerà circa il 50%.
Uno dei problemi che rimangono è il peso dei pannelli da inviare in orbita: dovranno essere infatti inferiori ai 200 grammi per metro quadro, viste le limitazioni dei razzi attualmente esistenti. Mentre USA e Giappone sono già al lavoro sulle proprie centrali solari spaziali, l’obiettivo della Cina, secondo l’Accademia Cinese delle Scienze, è arrivare a una prima centrale solare sperimentale entro il 2030, per poi lanciare quella definitiva entro i vent’anni successivi.